Elisa Lupo

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Novità pensioni

Il ruolo della previdenza complementare nell’Italia che verrà: la relazione Covip 2023

È di giovedì scorso la presentazione della relazione per l’anno 2023 da parte della Covip (la Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione) alla Camera dei Deputati. Quali sono i dati più interessanti e cosa ci dicono sul nostro presente e sul nostro futuro? 

I genitori pensano alla pensione dei figli

La prima cosa che salta all’occhio è un notevole incremento di posizioni aperte per soggetti a carico: i genitori aprono fondi pensione per i figli ancora troppo giovani per lavorare o contribuire autonomamente. Cresce la consapevolezza della generazione che ha capito che non andrà in pensione con un assegno congruo verso il futuro dei propri figli, che non avranno un destino diverso.

I giovani temono per il loro futuro pensionistico

Tenendo sempre conto di un gap ancora forte per donne, giovani e sud Italia, che non deve passare inosservato, è positivo l’aumento di posizioni aperte da e per i più giovani (fino a 34 anni), con l’aumento di 2 punti percentuali dal 2019 al 2023.
Questo denota una crescita di consapevolezza da parte dei più giovani circa il doversi occupare attivamente del loro futuro dopo il lavoro, dal momento che i dati provenienti dall’Istituto di previdenza sociale per loro non sono confortanti, il mondo del lavoro è molto cambiato rispetto a quello delle generazioni precedenti e pensare di contare unicamente sulla previdenza obbligatoria è un errore cui sarà difficile porre rimedio in prossimità della pensione.

I lavoratori dipendenti

La crescente consapevolezza si nota anche per l’incremento di adesione a fondi di previdenza complementare tra i lavoratori dipendenti che vi destinano il TFR, il 37.6% rispetto al 23.5% dei lavoratori autonomi, probabilmente frenati dal dover togliere attivamente dalle proprie entrate al netto della tassazione la quota per contribuire al fondo.

L’aumento di adesione tra i lavoratori è un ottimo segnale, che andrebbe cavalcato dalle istituzioni incentivando maggiormente la destinazione del TFR a fondi di previdenza complementare senza che questo leda gli interessi delle aziende, ancora troppo restie a fare informazione sui dipendenti su questo aspetto.

Versamenti annuali insufficienti

Ciò che emerge (ed è poco confortante) è che i versamenti annuali sono bassi, probabilmente anche complice l’inflazione che ci sta affliggendo. Nonostante io dica sempre che qualunque cifra è meglio di nessuna, il fatto che il 15,8% dei lavoratori contribuisca solo con le quote obbligatorie contrattuali e versi meno di 200€ l’anno non integrando la propria posizione con la destinazione del TFR, è un dato preoccupante. Questo non dipende certamente da loro, ma è un dato che deve spingerci a pensare che ancora molto si può fare in termini di informazione e consapevolezza.

La domanda delle domande: i fondi pensione sono sicuri?

Rispetto allo strumento, su cui ancora in molti hanno dubbi, basti sapere che i rendimenti annuali sono cresciuti negli ultimi 10 anni più del TFR in tutte le linee di investimento, e che l’aggregazione dei fondi di previdenza (che nel 2023 si sono ridotti di 30 forme rispetto al 2022) li rende più solidi e efficienti a vantaggio degli iscritti.

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